Questa l’ho raccontata a molti, ma mi sono chiesto solo oggi perché non l’ho mai scritta qui sul blog.
Per motivi che non sto qui a raccontarvi (in un altro post, magari), nel 1997 ho lavorato per un anno a tempo pieno presso una libreria universitaria, anche se vendeva un po’ di tutto (o meglio i professori dell’università facevano comprare un po’ di tutto).
Di dialoghi surreali me ne sono capitati tanti, di situazioni (para-)pecorecce anche di più e, anche se era un lavoro piuttosto faticoso (in piedi tutto il giorno 6 giorni alla settimana con diversi momenti in cui letteralmente non si sapeva a chi dare i resti), è stata forse l’esperienza lavorativa più divertente della mia vita. Finora, almeno, ma la vedo scura.
Il dialogo più surreale, oggetto del post, è stato in assoluto il seguente:
Gnappetta Roscia (GR): “E poi me devi da’ sto libbro qua [mostra un foglio di cartaqquadretti ciancicato], quello der negro”
Vostro Affezionatissimo (VA): “Er negro? Che negro?”
GR: “Er negro, er negro… Sta scritto qua…”
VA (cioè io) afferra la cartaqquadretti, vede il titolo approssimativo del libro e, siccome è anche un ragazzetto sveglio, capisce che si sta parlando di un libro di nonsocché edito dalla McGraw-Hill.
‘N finale, sulla cartaqquadretti ciancicata c’era scritto, evidentemente a partire da informazioni raccolte a voce,”Negro (Il)”, che poi fatalmente era diventato “er negro”. (Er negro? Che negro?)
L’ispirazione per questo post me l’ha data la scoperta di questo blog, spassoso quanto deprimente.